Una promessa non mantenuta?





Cosa l’Occidente disse veramente a Mosca in fatto di estensione della NATO[1]

Il prossimo novembre saranno 25 anni che un membro tedesco-orientale del Politburo dette il pasticciato annuncio che erano previste limitate modifiche alle norme per viaggiare, scatenando in tal modo una folla incontenibile che prese d'assalto il confine che divideva Berlino Est ed Ovest. Il risultato fu la marcatura di un punto di non ritorno, la fine della guerra fredda trovava il suo momento iconico: la caduta del muro di Berlino.
Nei mesi che seguirono, gli Stati Uniti, l'Unione Sovietica e la Germania Ovest furono impegnati in negoziati fatidici sul ritiro delle truppe sovietiche e la riunificazione della Germania. Sebbene questi colloqui alla fine abbiano portato alla riunificazione tedesca il 3 ottobre 1990, hanno però anche dato luogo ad una successiva disputa tra la Russia e l'Occidente. Che cosa, esattamente, era stato concordato per il futuro della NATO? Avevano gli Stati Uniti formalmente promesso all'Unione Sovietica che l'alleanza non prevedeva l’espansione verso est come parte della transazione?

Ancora a più di due decenni dai fatti la controversia è lungi dall’essere risolta. Diplomatici russi ripetono continuamente che Washington fece effettivamente una tale promessa in cambio del ritiro delle truppe sovietiche dalla Germania orientale – e che poi ha tradito la promessa, dato che in seguito la NATO ha accolto 12 paesi dell'Europa orientale in tre successivi ampliamenti.
Scrivendo su questa rivista all'inizio di quest'anno, lo studioso di politica estera russa Alexander Lukin ha accusato i successivi presidenti degli Stati Uniti di "dimenticare le promesse fatte dai leader occidentali a Mikhail Gorbaciov, dopo l'unificazione della Germania -. Soprattutto che non avrebbero allargato la NATO verso est". Di conseguenza si ritiene che le azioni aggressive del presidente russo Vladimir Putin in Georgia nel 2008 e in Ucraina nel 2014 si spieghino proprio in ragione di un consolidato risentimento per quello che viene considerato un patto spezzato dall'Occidente appunto in materia di espansione della NATO. Ma i politici americani e gli analisti insistono sul fatto che una tale promessa non è mai esistita. In un articolo del 2009 su “Washington Quarterly”, per esempio, lo studioso Mark Kramer ha assicurato i lettori non solo che le affermazioni russe erano un "mito" completo, ma anche che "la questione non è mai stata posta durante i negoziati sulla riunificazione tedesca."
Ora che un numero crescente di documenti del periodo tra il 1989 e il 1990, precedentemente segreti, sono divenuti di pubblico dominio, gli storici possono gettare nuova luce su questa controversia. L'evidenza dimostra che, contrariamente alla tradizionale cautela di Washington, la questione del futuro della NATO, non solo quanto alla Germania orientale, ma anche all'Europa orientale, sorse effettivamente subito dopo il crollo del Muro di Berlino, già nel febbraio 1990. Allora funzionari degli Stati Uniti, lavorando a stretto contatto con i leader della Germania occidentale, accennarono a Mosca durante i negoziati di quel mese, al fatto che l'alleanza non si sarebbe potuta espandere, nemmeno verso la metà orientale della Germania che stava per riunificarsi.
I documenti mostrano però anche che gli Stati Uniti, con l'aiuto della Germania Ovest, subito premettero su Gorbaciov perché permettesse la riunificazione della Germania, senza fare alcun tipo di promessa scritta sui piani futuri dell'alleanza. In parole povere, non c'è mai stato un accordo formale, come sostiene la Russia - ma i funzionari degli Stati Uniti e della Germania occidentale lasciarono solo incidentalmente intendere che di un accordo del genere si sarebbe potuto discutere; in cambio ricevettero "luce verde" per avviare il processo di riunificazione tedesca . La disputa intorno a questa sequenza di eventi ha distorto i rapporti tra Washington e Mosca da allora.
Contrariamente alle accuse russe, non c'è mai stato un accordo formale intorno alla espansione della NATO.
 
LA “LUCE VERDE” VIENE DATA
 
I leader occidentali realizzarono subito che la caduta del muro di Berlino avrebbe rimesso in discussione gli aspetti fondamentali della sicurezza europea. Dall'inizio del 1990, il tema del futuro ruolo della NATO fu spesso al centro delle conversazioni riservate tra il presidente americano George Bush senior, James Baker, Segretario di Stato americano, Helmut Kohl, il cancelliere tedesco-occidentale, Hans-Dietrich Genscher, ministro degli esteri tedesco-occidentale e Douglas Hurd, ministro degli esteri britannico.
Secondo documenti del Ministero degli esteri tedesco-occidentale, per esempio, Genscher disse ad Hurd il 6 febbraio che Gorbaciov avrebbe voluto escludere la prospettiva di una futura espansione della NATO non solo alla Germania dell'Est, ma anche all'Europa orientale. Genscher suggerì che l'alleanza rilasciasse una dichiarazione pubblica precisando che "la NATO non ha intenzione di espandere il suo territorio verso l'Oriente." E aggiunse: "Una tale dichiarazione dovrebbe riferirsi non solo alla Germania Est, ma piuttosto essere di carattere generale". "Per esempio, l'Unione Sovietica ha bisogno di sapere con certezza che l'Ungheria, in caso di cambio di governo, non entrerà a far parte dell'Alleanza occidentale". Genscher sollecitò la NATO a discutere immediatamente della questione e Hurd era d’accordo.
Tre giorni dopo, a Mosca, Baker parlò della NATO con Gorbaciov direttamente. Durante il loro incontro, Baker prese appunti manoscritti delle proprie osservazioni, aggiungendo delle stelle accanto ai concetti chiave: "Risultato finale: ‘Unified Ger.’ ancorata in una NATO trasformata (Polit.) - Con un vincolo giuridico a non muoversi verso est! " Le note di Baker sembrano essere l'unico luogo in cui tale garanzia è stata scritta il 9 febbraio, e sollevano una domanda interessante: se il "risultato finale" di Baker era che la giurisdizione della fornitura di difesa collettiva della NATO non si sarebbe mossa verso est, voleva ciò dire che non si sarebbe mossa nel territorio della ex Germania dell'Est dopo la riunificazione?
Aiuta a rispondere alla domanda il fatto che,  fortunatamente per gli storici successivi, anche Genscher e Kohl fossero all’epoca in procinto di visitare Mosca. Baker lasciò all'ambasciatore tedesco-occidentale a Mosca una lettera segreta per Kohl che è stata conservata negli archivi tedeschi. In essa Baker ha spiegato di aver messo l'istruzione cruciale per Gorbaciov nella forma di una domanda: "Preferisci vedere una Germania unificata ma fuori della NATO, indipendente e senza forze Usa," chiese, presumibilmente inquadrando la possibilità di una Germania neutralizzata in un modo che Gorbaciov avrebbe trovato poco attraente, "o preferisci una Germania unificata legata alla NATO, ma con l'assicurazione che la giurisdizione della NATO non si sarebbe spostata di un pollice verso est dalla sua posizione attuale?"
Il modo con cui Baker pose la seconda, più attraente opzione, era tale da lasciar intendere che la competenza della NATO non sarebbe estesa neanche alla Germania dell'Est, dal momento che la "posizione attuale" della NATO nel febbraio 1990 era esattamente quella che era stata per tutta la Guerra Fredda: con il suo bordo orientale sulla linea che ancora divideva le due Germanie. In altre parole, una Germania unita sarebbe, di fatto, metà dentro e metà fuori dell'alleanza. Secondo Baker, Gorbaciov rispose: "Certo, qualsiasi estensione della zona della NATO sarebbe inaccettabile." Insomma secondo Baker Gorbaciov riconobbe che "la NATO nella propria zona attuale potrebbe essere accettabile."
Dopo aver ricevuto la relazione su quello che era successo a Mosca, tuttavia, i membri del Consiglio di sicurezza nazionale a Washington la ritennero impraticabile sul piano pratico. Come potrebbe la giurisdizione della NATO applicarsi soltanto alla metà di un paese? Tale risultato non era né auspicabile né necessario. Di conseguenza, il Consiglio di Sicurezza Nazionale produsse una lettera a Kohl a firma Bush. Essa arrivò giusto prima che Kohl partisse per il suo viaggio a Mosca.
Invece di prevedere che la NATO non si sarebbe mossa verso est, come Baker aveva lasciato intendere, questa lettera propose uno "status militare speciale per quello che oggi è il territorio della Germania Est." Anche se la lettera non specificava che cosa lo status speciale avrebbe comportato, l'implicazione è chiara: tutta la Germania sarebbe stata nell'alleanza; per rendere però accettabile a Mosca questo sviluppo, una specie di accorgimenti si sarebbero assunti per salvare la faccia nella regione orientale (restrizioni alle attività di alcuni tipi di truppe della NATO , come si è poi scoperto).
Kohl così si trovò in una posizione complicata. Mentre si preparava a incontrare Gorbaciov il 10 febbraio 1990 aveva ricevuto due lettere, una all’inizio l’altra all’arrivo del suo volo dalla Germania Ovest all’Unione Sovietica; la prima da Bush e la seconda da Baker e le due contenevano formulazioni diverse sullo stesso argomento. La lettera di Bush suggeriva che il confine della NATO avrebbe preso a muoversi verso est; quella di Baker sosteneva che quel movimento non sarebbe avvenuto.
Secondo i documenti provenienti dall’ufficio di Kohl, il cancelliere scelse di ascoltare Baker, non Bush. La linea morbida di Baker era infatti meglio in grado di produrre il risultato che Kohl voleva: il permesso da Mosca per avviare la riunificazione della Germania. Kohl così assicurò Gorbaciov che "naturalmente la NATO non ha intenzione di espandere il suo territorio verso il territorio attuale della Germania Est." Nei colloqui paralleli, Genscher consegnò lo stesso messaggio al suo omologo sovietico, Eduard Shevardnadze, dicendo: "per noi, sta fermo che la NATO non si espanderà verso l'Oriente".
Come nel caso dell'incontro di Baker con Gorbaciov, non fu prodotto alcun accordo scritto. Dopo aver ascoltato queste ripetute assicurazioni, Gorbaciov dette alla Germania Ovest quella che Kohl in seguito ha chiamato "la luce verde" per iniziare la creazione di un'unione economica e monetaria tra Est e Germania Ovest - il primo passo della riunificazione. Kohl tenne subito una conferenza stampa per rimarcare questo guadagno. Come ha ricordato nelle sue memorie, era così felice che non riuscì a dormire quella notte, tanto che andò a fare una lunga passeggiata nel gelo della Piazza Rossa.
 
CORROMPERE I SOVIETICI
 
Ma le parole di Kohl sarebbero rapidamente diventate eresia tra i decisori chiave occidentali. Una volta che Baker tornò a Washington, a metà febbraio del 1990, subito assunse una linea in sintonia con la posizione del Consiglio di Sicurezza Nazionale. Da allora in poi, ai membri del team di politica estera di Bush fu imposta una rigorosa disciplina, che vietava ulteriori osservazioni sulla linea della NATO stabilita nel 1989.
Lo stesso Kohl portò la sua linea e la sua retorica in linea con quella di Bush, come risulta dalle trascrizioni del vertice Stati Uniti-Germania occidentale del 24-25 febbraio a Camp David. Bush rese chiaro a Kohl il suo pensiero verso ogni ipotesi di accordo con Mosca: “al diavolo tutto ciò!” "Noi abbiamo vinto e loro perso. Non possiamo lasciare che i sovietici ci strappino la vittoria." Kohl sostenne che lui e Bush avrebbero dovuto trovare un modo per placare Gorbaciov e previse: "alla fine si risolverà tutto in una questione di soldi." Bush argutamente notò che la Germania Ovest aveva le "tasche profonde". Come in seguito ha spiegato Robert Gates, allora vice consigliere per la sicurezza nazionale, l'obiettivo era quello di "corrompere i sovietici." E la Germania Ovest avrebbe pagato la tangente.
Nel mese di aprile, Bush enunciò questo pensiero in un telegramma confidenziale al presidente francese François Mitterrand: funzionari degli Stati Uniti temevano che il Cremlino cercasse di sconfiggerli alleandosi con il Regno Unito o la Francia, entrambi fino ad allora fra gli occupanti di Berlino e che, data la loro esperienza passata con una Germania nemica, potenzialmente potevano avere motivo di condividere il disagio dei sovietici sulla riunificazione. Così Bush riassunse le sue priorità a Mitterrand: a) una Germania unita che potesse avere adesione piena alla NATO; b) le forze alleate dovevano rimanere nella Germania unita anche dopo che le truppe sovietiche si fossero ritirate; c) la NATO avrebbe continuato a dispiegare armi nucleari e convenzionali nella regione. Avvertì Mitterrand che nessun altra organizzazione sarebbe in grado di "sostituire la NATO come garante della sicurezza occidentale e stabilità." E continuava: "In effetti, è difficile immaginare come un accordo di sicurezza collettiva europea, compresa l'Europa orientale, e forse anche l'Unione Sovietica, potrebbe avere la capacità di scoraggiare le minacce verso l'Europa occidentale".
Bush stava facendo chiaro a Mitterrand che l'organizzazione della sicurezza dominante nel post-Guerra Fredda doveva rimanere la NATO - e non qualsiasi altro tipo di alleanza pan-europea. Ora accadde che il mese dopo Gorbaciov propose proprio un tale un accordo paneuropeo, secondo il quale una Germania unita avrebbe dovuto aderire tanto alla NATO quanto al Patto di Varsavia, creando una macro istituzione di sicurezza. Gorbaciov arrivò addirittura a sollevare l'idea di una adesione alla NATO da parte dell'Unione Sovietica. "Tu dici che la NATO non è diretta contro di noi, che è semplicemente una struttura di sicurezza che si sta adattando alle nuove realtà" disse Gorbaciov a Baker in maggio (secondo le testimonianze sovietiche), "se è così noi avanziamo la proposta di adesione alla NATO." Baker rifiutò di prendere in considerazione una tale proposta, rispondendo sprezzante, "la sicurezza pan-europea è un sogno."
Nel corso del 1990, i diplomatici americani e tedesco-occidentali riuscirono a contrastare efficacemente questo tipo di proposte, puntando sul diritto della Germania a scegliersi da sé i suoi partner. Ciò fatto fu subito chiaro che Bush e Kohl avevano indovinato: Gorbaciov avrebbe, infatti, alla fine dovuto inchinarsi alle preferenze occidentali, salvo essere adeguatamente compensato. Detto brutalmente, aveva bisogno di denaro. Nel maggio 1990, Jack Matlock, l'ambasciatore americano a Mosca, ha riferito che Gorbaciov stava iniziando a mostrarsi "meno come un uomo che controllava la situazione e più come un leader assediato." I "segni di crisi" -scrisse in un cable da Mosca- "sono infiniti: forte aumento dei tassi di criminalità, proliferazione di manifestazioni anti-regime, fiorenti movimenti separatisti, deterioramento della performance economica. . . e un lento, incerto, trasferimento di potere da parte dello Stato e dal centro alla periferia."
Mosca avrebbe avuto molte difficoltà ad affrontare questi problemi interni, senza l'ausilio di aiuti esteri e del credito; il che significa che avrebbe potuto essere disposta al compromesso. La questione era se la Germania Ovest sarebbe stata in grado di fornire tale assistenza in modo tale da consentire a Gorbaciov a evitare di apparire come uno che si faceva corrompere accettando una Germania riunificata nella NATO, senza neanche la garanzia di significative limitazioni dell’allargamento della NATO stessa verso est.
Kohl riuscì in questo difficile compito assestando due colpi: in primo luogo, in un incontro bilaterale con Gorbaciov nel luglio 1990, e poi in una concitata serie di telefonate nel settembre 1990. Gorbaciov alla fine dette il suo assenso a una Germania unita nella NATO, in cambio di misure per salvare la faccia, come un periodo di grazia di quattro anni per la rimozione delle truppe sovietiche e alcune restrizioni su le truppe NATO e le armi nucleari da tenersi nel territorio dell'ex Germania orientale. Egli inoltre ottenne 12 miliardi di marchi per costruire alloggi per le truppe sovietiche in ritirata e altri tre miliardi di credito senza interessi. Quello che non ha ricevuto erano le garanzie formali contro l'espansione della NATO.
Nell'agosto del 1990, l'invasione di Saddam Hussein del Kuwait immediatamente spinse l'Europa nella lista delle priorità di politica estera della Casa Bianca. Ma, dopo che nel 1992 Bush perse le presidenziali ad opera di Bill Clinton, i membri dello staff di Bush dovettero lasciare i loro uffici prima del previsto. Ora sembra che essi comunicassero ben poco con la squadra Clinton in arrivo, col risultato che lo staff di Clinton iniziò il suo mandato con limitata o nessuna cognizione di ciò che Washington e Mosca avevano discusso con riferimento alla NATO.
I SEMI DI UN PROBLEMA FUTURO
Inoltre contrariamente al parere di molti americani, la questione dell'espansione della NATO si dilatò presto e determinò tutta una serie di discussioni sull’opportunità o meno dell’espansione non solo verso la Germania est, ma anche verso l'Europa orientale. Ma contrariamente alle accuse russe, Gorbaciov non ha mai avuto dall'Occidente la promessa che i confini della NATO sarebbero stati congelati. Al più si può dire che tra i consiglieri di Bush ci fu un periodo di disaccordi interni intorno al febbraio del 1990, di cui anche Gorbaciov ebbe notizia. Al tempo però del summit di Camp David, tutti i membri della squadra di Bush, d’accordo a Kohl, erano uniti intorno ad una offerta secondo la quale Gorbaciov avrebbe ricevuto assistenza finanziaria dalla Germania Ovest - e poco altro - in cambio doveva permettere alla Germania di riunificarsi e consentire che una Germania unita potesse far parte della NATO.
Nel breve periodo, il risultato è stato una vittoria per gli Stati Uniti. Funzionari degli Stati Uniti e dei loro omologhi della Germania occidentale avevano sapientemente scavalcato Gorbaciov, estendendo la NATO alla Germania Est ed evitando promesse per il futuro dell'Alleanza. Un membro dello staff della Casa Bianca sotto Bush, Robert Hutchings, ha classificato una dozzina di possibili risultati, dal "più congeniale" (nessuna restrizione a tutti e la NATO pacificamente trasferita nella ex Germania Est) al "più ostile" (una Germania unita completamente al di fuori di NATO). Alla fine, gli Stati membri hanno raggiunto un risultato che si colloca nella classifica tra “il meglio” e “il secondo migliore” della lista. Raramente la vittoria di un paese fu così netta in un negoziato internazionale.
Scrisse Baker con preveggenza nelle sue memorie relative al mandato di segretario di Stato: "Quasi ogni conquista contiene all'interno del suo successo i semi di un nuovo, futuro problema.” L’obiettivo era precisamente quello di porre la Russia ai margini del post-guerra fredda in Europa. Un giovane funzionario del KGB in servizio in Germania Est nel 1989 un decennio più tardi ha offerto il proprio ricordo dell'epoca in un'intervista; vi ricordava il ritorno a Mosca pieno di amarezza per come "l'Unione Sovietica aveva perso la sua posizione in Europa." Il suo nome era Vladimir Putin e un giorno avrebbe avuto il potere di reagire a tale amarezza.

Mary Elise Sarotte
(Professore di storia all’Università della California meridionale e Visiting ad Harvard)


[1] Fonte: “Foreign Affairs”, n. 93, settembre-ottobre 2014. Traduzione dall’inglese di Fabio Vander

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