La crisi ucraina è colpa dell’Occidente



Le illusioni dei liberali che hanno favorito Putin[1]

Secondo il senso comune prevalente in Occidente, la crisi Ucraina sarebbe nient’altro che un’aggressione russa. Il presidente russo Vladimir Putin, si sostiene, annessa la Crimea secondo il sogno lungamente coltivato di resuscitare l'impero sovietico, ora aspetterebbe solo di prendersi il resto dell'Ucraina, così come altri paesi dell'Europa orientale. In questa prospettiva, la cacciata del presidente ucraino Viktor Yanukovich nel febbraio 2014 sarebbe stato solo il pretesto per la decisione di Putin di ordinare alle forze russe di prendersi una parte dell'Ucraina.
Ma questo approccio è sbagliato: in verità sono gli Stati Uniti e i loro alleati europei a condividere la maggior parte della responsabilità della crisi. La pietra dello scandalo è l'allargamento della NATO, che è poi l'elemento centrale di una strategia più ampia tesa a spostare l'Ucraina fuori dall'orbita della Russia e ad integrarla in Occidente. Allo stesso tempo, l'espansione dell'UE verso est e il sostegno dell'Occidente al movimento pro-democrazia in Ucraina - che inizia con la rivoluzione arancione del 2004 - hanno costituito altri elementi di criticità. Dalla metà degli anni ‘90, i leader russi si sono fermamente opposti all’allargamento della NATO e negli ultimi anni, hanno messo in chiaro che non sarebbero stati a guardare il loro vicino di importanza strategica
che si trasformava in un bastione occidentale. Per Putin il rovesciamento illegale del presidente filo-russo dell'Ucraina democraticamente eletto - che ha giustamente etichettato come un "colpo di stato" - è stata l'ultima goccia. Ha risposto prendendo la Crimea, una penisola che temeva avrebbe ospitato una base navale della NATO e lavorando per destabilizzare l'Ucraina, fino a quando non abbandonerà la pretesa di unirsi all'Occidente.
La reazione di Putin non dovrebbe costituire una sorpresa. Dopo tutto, l'Occidente stava movimentando il cortile di casa della Russia e minacciava i suoi interessi strategici fondamentali, un punto su cui Putin ha insistito con forza e ripetutamente. Le élites negli Stati Uniti e in Europa sono state miopi, legate com’erano ad una visione errata della politica internazionale. Esse sono orientate a ritenere che la logica del ‘realismo’ abbia ormai scarsa rilevanza nel XXI secolo e che l'Europa possa pacificamente essere tenuta insieme sulla base di principi liberali come lo Stato di diritto, interdipendenza economica e la democrazia.
Ma questo grande schema è andato storto in Ucraina. La crisi ci dimostra che la Realpolitik ha ancora un peso rilevante - e chi lo ignora lo fa a proprio rischio e pericolo. Stati Uniti e leader europei hanno proceduto a tentoni nel progetto di trasformare l'Ucraina in una roccaforte sul confine occidentale della Russia. Ora che le conseguenze sono state messe a nudo, sarebbe un errore ancora più grande continuare con questa politica illegittima.
L'affronto occidentale
Allorché la guerra fredda si concluse i leader sovietici non disdegnarono il fatto che le forze americane rimanessero in Europa e la NATO restasse intatta; era infatti una soluzione che pensavano potesse mantenere inoffensiva una Germania riunificata. Ma certo loro e i loro successori russi non volevano che la NATO si espandesse sempre di più ed erano convinti che i diplomatici occidentali avrebbero capito le loro preoccupazioni. Ma l'amministrazione Clinton evidentemente la pensava diversamente e dalla metà degli anni 1990, ha cominciato a spingere perché la NATO si espandesse.
La prima tornata di allargamento ha avuto luogo nel 1999 e ha visto l’entrata di Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia. La seconda si è verificata nel 2004 e riguardò Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. Mosca si lamentò amaramente fin dall'inizio. Durante la campagna di bombardamenti della NATO contro i serbi bosniaci del 1995, ad esempio, il presidente russo Boris Eltsin dichiarò: "Questo è il primo segno di quello che potrebbe accadere quando la NATO arrivasse ai confini della Federazione Russa. ... La fiamma della guerra potrebbe scoppiare in tutta Europa". Ma i russi erano troppo deboli allora per far deragliare il movimento verso est della NATO. Che, in ogni caso, non sembrava così minaccioso, dal momento che nessuno dei nuovi membri condivideva un confine con la Russia, tranne i piccoli paesi baltici.
Poi però la NATO ha iniziato a spingersi ancora più a est. Fino ad arrivare all’aprile 2008 a Bucarest, allorché l'alleanza ha considerato di ammettere la Georgia e l'Ucraina. L'amministrazione di George W. Bush era ben disposta a farlo, ma Francia e Germania si opposero per paura di inimicarsi la Russia. Alla fine, i membri della NATO hanno raggiunto un compromesso: l'alleanza non ha cominciato il processo formale che conduce all'adesione, ma ha rilasciato una dichiarazione che approva le aspirazioni della Georgia e dell'Ucraina e coraggiosamente affermò: "Questi paesi diventeranno membri della NATO."
Mosca, tuttavia, non ha visto in ciò il risultato tanto di un compromesso. Alexander Grushko, allora vice ministro degli esteri russo, dichiarò: "l'adesione della Georgia e dell'Ucraina all'alleanza è un enorme errore strategico che avrebbe le più gravi conseguenze per la sicurezza pan-europea". Putin ha sostenuto che l'ammissione di questi due paesi nella NATO rappresenterebbe un "minaccia diretta" alla Russia. Un giornale russo ha riferito che, mentre parlava con Bush, Putin ha "molto trasparentemente fatto capire che se l'Ucraina fosse stata accettata nella NATO, avrebbe cessato di esistere."
Del resto l’invasione della Georgia da parte della Russia nell'agosto 2008 avrebbe dissipato i dubbi rimasti circa la determinazione di Putin nel prevenire l’adesione di Georgia e Ucraina alla NATO. Il presidente georgiano Mikheil Saakashvili, che era profondamente impegnato a portare il suo paese nella NATO, aveva deciso nell'estate del 2008 di riprendersi due regioni separatiste: Abkhazia e Sud Ossezia. Putin agì quindi per mantenere la Georgia debole e divisa - e fuori della NATO. Non appena iniziati i combattimenti tra il governo georgiano e separatisti dell'Ossezia del Sud, le forze russe presero il controllo di Abkhazia e Ossezia del sud. Mosca aveva imposto il suo punto di vista. Eppure, nonostante questo chiaro avvertimento, la NATO non abbandonò mai pubblicamente il suo obiettivo di portare la Georgia e l'Ucraina nell'alleanza. E l'espansione della NATO continuò a marciare in avanti, con l’entrata di Albania e Croazia nel 2009.
Ma anche l'UE ha marciato verso est. Nel maggio 2008, ha presentato la sua iniziativa del “partenariato orientale”, un programma per favorire la prosperità in paesi come l'Ucraina e la loro integrazione nell'economia europea. Non sorprendentemente, i leader russi hanno subito considerano il piano come ostile agli interessi del loro paese. Lo scorso febbraio, prima che Yanukovich fosse destituito dal suo incarico, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha accusato l'Unione europea di cercare di creare una "sfera di influenza" in Europa orientale. Agli occhi dei dirigenti russi, l'espansione dell'UE è una forma di stalking per favorire l'espansione della NATO.
Ma lo strumento più sofisticato con cui l’Occidente ha cercato di staccare Kiev da Mosca è stato l'impegno a diffondere i valori occidentali e a promuovere la democrazia in Ucraina e in altri stati post-sovietici; un piano che comporta spesso il finanziamento di singoli individui e organizzazioni pro-occidentali. Victoria Nuland, l'Assistente segretario di stato per gli affari europei ed eurasiatici, ha stimato nel dicembre 2013 che gli Stati Uniti avevano investito più di $ 5 miliardi dal 1991 per aiutare l'Ucraina a raggiungere "il futuro che merita." Come parte di questo sforzo, il governo degli Stati Uniti ha finanziato il National Endowment for Democracy (NED), una fondazione senza scopo di lucro che ha finanziato più di 60 progetti volti a promuovere la società civile in Ucraina, mentre il presidente del NED, Carl Gershman, ha definito quel paese "il più grande premio" dei loro sforzi. Dopo che Yanukovich ha vinto le elezioni presidenziali in Ucraina nel febbraio 2010, la NED ha deciso che era ora di minare i suoi obiettivi e che quindi andavano intensificati gli suoi sforzi per sostenere l'opposizione e rafforzare le istituzioni democratiche del paese.
Va considerato anche che allorché i leader russi guardano all’esperimento di ingegneria sociale intentato dall’Occidente in Ucraina, in realtà temono che il loro paese potrebbe essere il prossimo ad essere interessato da progetti simili. E tali timori non sono affatto infondati. Nel mese di settembre 2013, Gershman ha scritto sul “Washington Post” che "la scelta dell'Ucraina di entrare in Europa accelererà la scomparsa dell'ideologia dell'imperialismo russo che Putin rappresenta." Ed ha aggiunto: "I russi sono ormai di fronte ad un bivio, e Putin potrebbe scontare una sconfitta non solo vicino ai confini, ma nella Russia stessa."

INVENZIONE DI UNA CRISI
 
Ci si immagini l'indignazione americana se la Cina riuscisse a costruire una imponente alleanza militare e cercasse di includervi il Canada e il Messico. Il pacchetto occidentale a tre ingredienti: allargamento della NATO, espansione dell'UE e promozione della democrazia - non ha fatto che aggiunge benzina su un fuoco già in procinto di accendersi.
La scintilla è scoccata nel novembre del 2013, quando Yanukovich ha respinto un importante accordo economico che era già stato negoziato con l'UE e ha deciso invece di accettare i 15 miliardi di dollari di controfferta russa. Tale decisione ha dato luogo a manifestazioni antigovernative sviluppatesi nei successivi tre mesi e che da metà febbraio avevano portato alla morte di un centinaio di manifestanti. Emissari occidentali sono subito volati a Kiev per risolvere la crisi. Il 21 febbraio, il governo e l'opposizione hanno firmato un accordo che ha permesso Yanukovich di rimanere al potere fino a quando si sono svolte nuove elezioni. Dati i risultati Yanukovich fuggì in Russia il giorno successivo. Il nuovo governo di Kiev era filo-occidentale e anti-russo fino al midollo, e conteneva quattro membri di alto rango che potevano legittimamente essere etichettati neofascisti.
Anche se la piena portata del coinvolgimento degli Stati Uniti non è ancora venuta alla luce, è chiaro che Washington ha appoggiato il colpo di stato. Nuland e il senatore repubblicano John McCain hanno partecipato a manifestazioni antigovernative e Geoffrey Pyatt, l'ambasciatore americano in Ucraina, ha proclamato dopo il rovesciamento di Yanukovich che si trattava di "un giorno per i libri di storia." Come rivelato da una registrazione telefonica, Nuland aveva sostenuto un cambiamento di regime e auspicava che il politico ucraino Arseniy Yatsenyuk diventasse primo ministro nel nuovo governo, come poi è avvenuto. Non c'è da stupirsi che russi di tutte le convinzioni siano convinti che l'Occidente ha svolto un ruolo nella cacciata di Yanukovich.
Per Putin, il momento di agire contro l'Ucraina e l'Occidente era arrivato. Poco dopo il 22 febbraio ordinò alle forze russe di staccare la Crimea dall'Ucraina e subito dopo l’ha incorporata nella Russia. Il compito è stato piuttosto facile, grazie alle migliaia di truppe russe già di stanza in una base navale nel porto di Sebastopoli in Crimea. Crimea che era poi un facile bersaglio dato che circa il 60 per cento della sua popolazione è di etnia russa. La maggior parte di loro voleva staccarsi dall'Ucraina.
Inoltre Putin ha messo grande pressione sul nuovo governo di Kiev per scoraggiarlo dallo schierarsi con l'Occidente contro Mosca, mettendo in chiaro che avrebbe distrutto l'Ucraina come stato unitario prima che divenisse una roccaforte occidentale alle porte della Russia. A questo scopo ha fornito consiglieri, armi e supporto diplomatico ai separatisti russi in Ucraina orientale, che stanno spingendo il paese verso la guerra civile. Ha ammassato un grande esercito sul confine ucraino, minacciando di invadere se il governo avesse represso i ribelli. Inoltre ha bruscamente alzato il prezzo del gas naturale che la Russia vende in Ucraina, chiedendo la liquidazione delle esportazioni del passato. Putin sta giocando una partita aggressiva.
LA DIAGNOSI
Eppure la strategia di Putin dovrebbe essere facile da comprendere. Costituendo una grande distesa di terreno pianeggiante che Francia napoleonica, Germania imperiale e Germania nazista attraversarono per colpire la Russia, l'Ucraina serve ancora come stato cuscinetto di enorme importanza strategica per la Russia. Nessun leader russo avrebbe tollerato che entrasse in Ucraina una alleanza militare che era nemico mortale di Mosca fino a poco tempo fa. Né sarebbe stato a guardare mentre l'Occidente istallava lì un governo al fine conclamato di integrare l'Ucraina in Occidente.
A Washington può non piacere la posizione di Mosca, ma ci si dovrebbe sforzare di capire la logica che c’è dietro di essa.
Questo è la dottrina cosiddetta “Geopolitica 101”: le grandi potenze sono sempre sensibili alle potenziali minacce vicino a casa loro. Dopo tutto gli Stati Uniti non tollerano neanche nelle parti più remote dell’emisfero occidentale grandi concentrazioni, tanto meno ai loro confini.
Logica a parte comunque, i leader russi hanno detto ai loro omologhi occidentali in molte occasioni che considerano l'espansione della NATO in Georgia e Ucraina inaccettabile, insieme a qualsiasi tentativo di trasformare di questi paesi in soggetti anti-russi - un messaggio che la guerra del 2008 tra Russia e Georgia ha reso di tutta evidenza.
I funzionari degli Stati Uniti e dei suoi alleati europei sostengono che hanno cercato di placare i timori russi e che Mosca dovrebbe capire che la NATO non ha disegni sulla Russia. Oltre al continuo negare che la sua espansione è stata finalizzata a contenere la Russia, l'alleanza non ha mai schierato stabilmente forze militari nei nuovi Stati membri. Nel 2002, è stato anche creato un organismo chiamato il Consiglio NATO-Russia nel tentativo di promuovere la cooperazione. Per placare ulteriormente la Russia, gli Stati Uniti hanno annunciato nel 2009 che avrebbero dispiegato il loro nuovo sistema di difesa missilistico in navi da guerra nelle acque europee, almeno inizialmente, piuttosto che sul territorio ceco o polacco. Ma nessuna di queste misure ha funzionato; i russi sono rimasti fermamente contrari all'allargamento della NATO, in particolare in Georgia e Ucraina. E sono proprio i russi, non l'Occidente, che alla fine decidono ciò che va considerato come una minaccia per loro.
Per capire perché l'Occidente, in particolare gli Stati Uniti, non sia riuscito a capire che la sua politica verso l'Ucraina stava ponendo le basi per uno scontro importante con la Russia, bisogna tornare a metà degli anni 1990, quando l'amministrazione Clinton ha iniziato a sostenere l'espansione della NATO. Gli esperti hanno avanzato una serie di argomenti a favore e contro l'allargamento, ma non c'era un consenso su cosa fare. La maggior parte degli emigrati dell'Europa orientale negli Stati Uniti e dei loro familiari, per esempio, ha fortemente sostenuto l'espansione, perché ritenevano che la NATO potesse proteggere paesi come l'Ungheria e la Polonia. Alcuni pochi ‘realisti’ hanno anche appoggiato questa politica perché pensavano che la Russia dovesse ancora essere contenuta.
Ma la maggior parte dei ‘realisti’ si sono opposti all’espansione, nella convinzione che una grande potenza in declino, con l'invecchiamento della popolazione e un'economia unidimensionale, non ha di fatto bisogno di essere contenuta. Temevano anzi che l'allargamento avrebbe solo dato a Mosca un incentivo a creare problemi in Europa orientale. Il diplomatico americano George Kennan, ha articolato questo punto di vista in un'intervista del 1998, poco dopo che il Senato americano aveva approvato il primo round di espansione della NATO: "Penso che i russi possano nel tempo reagire molto negativamente a questo fatto e che ciò potrà avere effetti sulle loro politiche". Ed ha aggiunto: “Penso che si tratti di un tragico errore; non c'era ragione per questa scelta. Nessuno stava minacciando nessun altro."
Gli Stati Uniti e i suoi alleati devono abbandonare il loro piano per occidentalizzare Ucraina e al contrario puntare a farne una zona cuscinetto neutra.
D’altro canto la maggior parte dei ‘liberali’ americani, tra cui molti membri chiave dell'amministrazione Clinton, ha sempre sostenuto l’allargamento della NATO. Essi credevano che la fine della Guerra Fredda avesse radicalmente trasformato la politica internazionale e che un nuovo ordine post-nazionale potesse ormai sostituire la logica ‘realista’ che da sempre regnava in Europa. Gli Stati Uniti non sono solo la "nazione indispensabile", come disse il Segretario di Stato Madeleine Albright, ma anche un fattore egemone per sua natura benigno, sicché era impossibile potesse essere visto come una minaccia da parte di Mosca. L'obiettivo, in sostanza, è stato quello di riformare l'intero continente sul modello dell'Europa occidentale.
In questo senso gli Stati Uniti e i loro alleati hanno cercato di promuovere la democrazia nei paesi dell'Europa orientale, di aumentare l'interdipendenza economica tra di loro e di incorporarli nelle istituzioni internazionali. Dopo aver vinto il dibattito negli Stati Uniti, i liberali ebbero poca difficoltà a convincere gli alleati europei a sostenere l'allargamento della NATO. Dopo tutto, dati i successi passati dell'UE, gli europei erano ancora più disposti degli americani a credere che la ‘geopolitica’ non contasse ormai più e che un ordine liberale all-inclusive sarebbe stato in grado di mantenere la pace in Europa.
A tal punto i ‘liberali’ sono riusciti a dominare il discorso sulla sicurezza europea durante il primo decennio di questo secolo, che sebbene l'alleanza avesse adottato una politica della porta aperta quanto alla crescita, l'espansione della NATO incontrò ben poca opposizione da parte dei ‘realisti’.
La visione del mondo liberale è ormai un dogma accettato tra i funzionari degli Stati Uniti. Nel mese di marzo 2014, per esempio, il presidente Barack Obama ha pronunciato un discorso su l'Ucraina in cui ha accennato più volte agli "ideali" che motivano la politica occidentale e come quegli ideali "sono stati spesso minacciati da un vecchia, più tradizionale visione del potere." La risposta del Segretario di Stato John Kerry quanto alla crisi Crimea, riflette questa stessa prospettiva: "Nel ventunesimo secolo non puoi ancora comportanti in modo ottocentesco, invadendo un altro paese sulla base di pretesti completamente inventati."
In sostanza le due parti in causa hanno operato secondo schemi opposti: Putin e i suoi connazionali hanno continuato a ragionare ed agire secondo i dettami ‘realisti’, mentre i loro omologhi occidentali hanno aderito alle idee ‘liberali’ di politica internazionale. Il risultato è che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno inconsapevolmente provocato una grave crisi in Ucraina.
COLPA DEL GIOCO
Nella già citata intervista del 1998, Kennan aveva non solo previsto che l'espansione della NATO avrebbe potuto provocare una crisi, ma anche che dopo i fautori dell'espansione avrebbero "detto che la colpa è del modo di essere dei russi." E infatti come si fossero dati un segnale, la maggior parte dei funzionari occidentali ha cominciato a ritrarre Putin come il vero colpevole della situazione in Ucraina. Nel mese di marzo, secondo il New York Times, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha sostenuto che Putin era irrazionale, mentre secondo Obama egli vive "in un altro mondo." Anche se Putin ha indubbiamente tendenze autocratiche, nessuna prova può seriamente sostenere l'accusa che egli sia mentalmente squilibrato. Al contrario: egli è uno stratega di prima classe che dovrebbe essere temuto e rispettato da chiunque intendesse sfidarlo in fatto di politica estera.
Altri analisti sostengono, più plausibilmente, che Putin deplora la scomparsa dell'Unione Sovietica ed è determinato ad invertire tale tendenza, espandendo i confini della Russia. Secondo questa interpretazione, Putin, dopo aver preso Crimea, sta ora testando le acque per vedere se è il momento giusto per conquistare l'Ucraina o almeno la sua parte orientale e anzi finirà per comportarsi in modo aggressivo anche verso gli altri paesi confinanti con la Russia. Per alcuni in questo campo Putin rappresenta un moderno Adolf Hitler e siglare qualsiasi tipo di accordo con lui sarebbe ripetere l'errore di Monaco. Anche per questo la NATO dovrebbe far entrare la Georgia e l'Ucraina e contenere la Russia prima che si impossessi dei suoi vicini e minacci l'Europa occidentale.
Questo argomento però cade a pezzi ad un controllo ravvicinato. Se Putin fosse impegnato a creare una grande Russia, i segni delle sue intenzioni sarebbero quasi certamente sorti prima del 22 febbraio, ma prima di tale data non vi è praticamente alcuna prova che egli avesse deciso di prendere la Crimea e tanto meno qualsiasi altro territorio in Ucraina. Anche i leader occidentali che hanno sostenuto l'espansione della NATO mai hanno denunciato il pericolo che la Russia stesse per usare la forza militare. L’azione di Putin in Crimea li ha colti completamente di sorpresa ed è stata vista come reazione spontanea alla cacciata di Yanukovich. Lo stesso Putin ha detto che si era sempre opposto alla secessione della Crimea, prima di cambiare rapidamente idea.
Inoltre, anche se lo volesse, la Russia non ha la capacità di conquistare e annettere facilmente la parte orientale dell'Ucraina, tanto meno l'intero paese. Circa 15 milioni di persone - un terzo della popolazione ucraina - vivono tra il fiume Dnepr, che taglia in due il paese e il confine con la Russia. La stragrande maggioranza di queste persone vogliono rimanere parte dell'Ucraina e sarebbero sicuramente in grado di resistere ad una occupazione russa. Inoltre l'esercito mediocre della Russia, che mostra pochi segni di trasformarsi in una moderna potenza bellica, avrebbe avuto poche possibilità di pacificare tutta l'Ucraina. Mosca non è neanche nelle condizioni di pagare il prezzo di una esosa occupazione; la sua debole economia avrebbe sofferto ancora di più a fronte di sanzioni conseguenti.
Del resto anche se la Russia potesse vantare una potente macchina militare e una economia impressionante, sarebbe probabilmente ancora incapace di occupare con successo l'Ucraina. Basti pensare alle esperienze sovietiche e statunitensi in Afghanistan, alle esperienze degli Stati Uniti in Vietnam e in Iraq, all'esperienza russa in Cecenia per convincersi che le occupazioni militari di solito finiscono male. Putin sa sicuramente che il tentativo di sottomettere l'Ucraina sarebbe come ingoiare un porcospino. La sua risposta agli eventi è stata di tipo difensivo, non offensivo.
 
UNA VIA D’USCITA
 
Dato che la maggior parte dei leader occidentali continuano a negare che il comportamento di Putin possa essere motivato da legittime preoccupazioni di sicurezza, non è sorprendente che essi abbiano cercato di modificarlo raddoppiando gli sforzi con le politiche finora seguite, cercando cioè di punire la Russia per scoraggiare ulteriori aggressioni. Ma benché Kerry abbia sostenuto che "tutte le opzioni sono sul tavolo", né gli Stati Uniti né i loro alleati della NATO sono disposti a usare la forza per difendere l'Ucraina. L'Occidente punta piuttosto sulle sanzioni economiche per costringere la Russia a interrompere il sostegno all'insurrezione in Ucraina orientale. Nel mese di luglio, gli Stati Uniti e l'Unione europea hanno messo in atto il loro terzo round di sanzioni limitate, prendendo di mira principalmente gli individui di alto livello strettamente legati al governo russo, alcune banche di alto profilo, società energetiche e le imprese di difesa. Hanno anche minacciato di scatenare un altro, più duro round di sanzioni, volto a interi settori dell'economia russa.
Tali misure avranno poco effetto. Sanzioni dure sono probabilmente fuori dal tavolo comunque; paesi dell'Europa occidentale, in particolare la Germania, hanno resistito con tutta la loro forza per timore che la Russia potesse reagire e causare gravi danni economici all'interno dell'UE. Ma anche se gli Stati Uniti riuscissero a convincere i loro alleati ad adottare misure severe, Putin probabilmente non modificherebbe il suo processo decisionale. La storia dimostra che i paesi sono in grado di assorbire enormi quantità di sanzioni quando si tratta di tutelare i propri interessi strategici fondamentali. Non c'è ragione di pensare la Russia rappresenti un'eccezione a questa regola.
I leader occidentali si sono dunque aggrappati a politiche provocatorie che non hanno fatto che precipitare la crisi. Nel mese di aprile, il vicepresidente americano Joseph Biden ha incontrato i legislatori ucraini e detto loro: "Questa è una seconda opportunità per dare seguito alla promessa originale fatta dalla rivoluzione arancione." John Brennan, il direttore della CIA, non ha aiutato le cose quando, quello stesso mese, visitando Kiev ha dichiarato che la visita era stato finalizzata a migliorare la cooperazione di sicurezza con il governo ucraino.
L'Unione europea, nel frattempo, ha continuato a spingere per il suo partenariato orientale. Nel mese di marzo José Manuel Barroso, il presidente della Commissione europea, ha riassunto la tesi dell'Unione europea sulle Ucraina, dicendo: "Noi abbiamo un debito, un dovere di solidarietà con questo paese e lavoreremo per averlo il più vicino possibile a noi. " E infatti, il 27 giugno 2014, l'UE e l'Ucraina hanno firmato l'accordo economico che Yanukovich aveva fatalmente respinto sette mesi prima. Inoltre nel mese di giugno, in una riunione dei ministri degli Esteri dei membri della NATO, si è convenuto che l'alleanza sarebbe rimasta aperta a nuovi soci, anche se i ministri degli Esteri hanno evitato di menzionare l'Ucraina per nome. "Nessun paese terzo può opporsi all'allargamento della NATO", ha annunciato Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della NATO. I ministri degli Esteri hanno inoltre convenuto di sostenere le varie misure per migliorare le capacità militari dell'Ucraina in settori quali il comando e il controllo, la logistica e la cyberdefense. I leader russi hanno naturalmente reagito a tali azioni. In questo quadro la risposta dell'Occidente alla crisi può solo peggiorare una brutta situazione.
C'è una soluzione alla crisi in Ucraina, ma certo richiederebbe all'Occidente la capacità di pensare a quel paese in un modo radicalmente nuovo. Stati Uniti e alleati devono abbandonare il loro piano per occidentalizzare Ucraina e invece puntare a farne un cuscinetto neutro tra la NATO e la Russia, simile alla posizione dell'Austria durante la Guerra Fredda. I leader occidentali dovrebbero riconoscere che l'Ucraina è talmente importante per Putin che non possono dare sostegno lì ad un regime anti-russo. Ciò non significa che un futuro governo ucraino dovrebbe essere filo-russo o anti-NATO. Al contrario, l'obiettivo dovrebbe essere una Ucraina sovrana che non cada nel né nel campo russo né in quello occidentale.
Per raggiungere questo fine gli Stati Uniti ed i loro alleati dovrebbero pubblicamente escludere l'espansione della NATO in Georgia e Ucraina. L'Occidente dovrebbe anche aiutare la predisposizione di un piano di salvataggio economico per l'Ucraina finanziato congiuntamente da: Unione europea, Fondo monetario internazionale, Russia e Stati Uniti - una proposta che Mosca dovrebbe accogliere con favore, dato il suo interesse ad avere una Ucraina prospera e stabile al suo fianco occidentale. E l'Occidente dovrebbe limitare considerevolmente i propri sforzi di social engineering all'interno Ucraina. E’ tempo di porre fine al sostegno occidentale ad un'altra rivoluzione arancione. Inoltre gli Stati Uniti e i leader europei dovrebbero incoraggiare l'Ucraina a rispettare i diritti delle minoranze, in particolare i diritti linguistici dei suoi russofoni.
Alcuni potrebbero obiettare che cambiare politica verso l'Ucraina con questo ritardo potrebbe danneggiare seriamente la credibilità degli Stati Uniti nel mondo. Certo ci sarebbero dei costi da pagare, ma i costi di proseguire una strategia sbagliata sarebbero molto maggiori. Inoltre altri paesi potrebbero piuttosto essere spinti a rispettare una nazione che mostra di saper imparare dai propri errori e, infine, si riveli capace di avviare a soluzione positiva una crisi di questo tipo. Tale facoltà è chiaramente a disposizione degli Stati Uniti.
Si sente anche dire che l'Ucraina ha il diritto di scegliere lei con chi vuole allearsi e i russi non hanno alcun diritto di impedire Kiev di aderire l'Occidente. Questo sarebbe un modo pericoloso da parte dell'Ucraina di pensare alle sue scelte di politica estera. La cruda verità è spesso la scelta migliore quando sono in gioco grandi opzioni politiche. Diritti astratti come l'autodeterminazione sono senza senso quando si tratta di stati potenti che entrano in tensione con stati più deboli. Cuba aveva il diritto di formare un'alleanza militare con l'Unione Sovietica durante la Guerra Fredda? Gli Stati Uniti certamente non la pensavano così e i russi la pensano allo stesso modo quanto alla volontà dell’Ucraina di unirsi all'Occidente. È nell'interesse dell'Ucraina capire questi fatti della vita e procedere con cautela quando tratta con il suo vicino più potente.
Anche se si rifiuta questa analisi, però e si ritiene che l'Ucraina abbia il diritto di petizione di aderire all'UE e alla NATO, resta il fatto che gli Stati Uniti e i loro alleati europei hanno il diritto di rifiutare queste richieste. Non vi è alcuna ragione per cui l'Occidente debba accogliere l'Ucraina se questa insiste con una politica estera sbagliata, soprattutto se la sua difesa non è un interesse vitale. Assecondare i sogni di alcuni ucraini non vale lo stress e i conflitti che ciò inevitabilmente causerà, in primo luogo per il popolo ucraino stesso.
Naturalmente, alcuni analisti potrebbero concedere che la NATO ha gestito le relazioni con l'Ucraina male e tuttavia ancora sostenere che la Russia costituisce un nemico che non potrà che divenire più temibile nel tempo - e che l'Occidente non ha quindi altra scelta che continuare la sua politica attuale. Ma questo punto di vista è gravemente sbagliato. La Russia è una potenza in declino, e diverrà solo più debole con il tempo. In ogni caso anche se la Russia fosse una potenza in ascesa sarebbe comunque senza senso incorporare l'Ucraina nella NATO. Il motivo è semplice: gli Stati Uniti e i loro alleati europei non considerano l'Ucraina dotata di un interesse strategico fondamentale e questo è stato confermato proprio dalla riluttanza ad usare la forza militare per venire in suo aiuto. Sarebbe pertanto insensato creare un nuovo membro della NATO che gli altri membri non hanno alcuna intenzione di difendere. La NATO ha ampliato in passato, ma perché i ‘liberali’ presupponevano che l'alleanza non avrebbe mai dovuto davvero onorare le sue nuove garanzie di sicurezza, ma di recente proprio l’atto di forza russo dimostra che la concessione all'Ucraina dell’adesione alla NATO potrebbe mettere la Russia e l'Occidente in rotta di collisione.
Del resto insistere con l'attuale politica vorrebbe anche dire complicare le relazioni occidentali con Mosca su altre questioni. Gli Stati Uniti hanno bisogno di assistenza da parte della Russia per ritirare le proprie apparecchiature militari dall'Afghanistan attraverso il territorio russo, ma si tratta anche di raggiungere un accordo nucleare con l'Iran e di stabilizzare la situazione in Siria. In realtà Mosca ha collaborato con Washington su tutti e tre questi problemi in passato; nell'estate del 2013, è stato Putin che ha tolto le castagne dal fuoco ad Obama favorendo l'accordo in base al quale la Siria ha accettato di rinunciare alle sue armi chimiche, evitando così l'attacco militare degli Stati Uniti che Obama aveva minacciato. Gli Stati Uniti potranno anche un giorno aver bisogno dell’aiuto della Russia per contenere una Cina in ascesa. E invece la politica americana attuale non fa altro che riavvicinare Mosca e Pechino.
Gli Stati Uniti e i loro alleati europei debbono dunque prendere di petto la questione ucraina. Essi possono continuare la loro attuale politica, che drammatizza le ostilità con la Russia e rischia nel tempo di devastare l'Ucraina - uno scenario da cui dovrà per forza scaturire un perdente. Oppure possono cambiare marcia e lavorare per creare una prospera ma neutrale Ucraina, che non minacci la Russia e permetta all'Occidente di ricucire i rapporti con Mosca. Con questo approccio, tutte le parti avrebbero vinto.

JOHN J. MEARSHEIMER
(Professore di Scienza politica all’Università di Chicago)





[1] Fonte: “Foreign Affairs”, n. 93 - settembre-ottobre 2014. Traduzione dall’inglese di Fabio Vander.

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